Secondo singolo estratto dall'album "Small Light in The Dark". La band di Zurigo sarà a breve in Italia per tre date che faranno tappa a Milano Roma e Firenze. Il cd è già disco d'oro in Svizzera, Belgio, Svezia e Germania.
Dalla piccola Svizzera alla conquista del Mondo. Ma non in un giorno, e neppure in pochi mesi, parliamo di anni, più di dieci per l’esattezza. Se infatti i Lunik possono oggi parlare di se stessi come di una band di successo in mezza Europa ( Inghilterra inclusa ) e di molto probabili prossime fortune negli Stati Uniti, Giappone e Australia, la ragione è tutta nel lungo percorso che questi quattro musicisti hanno fatto nel tempo e che li ha portati ad evolversi nella direzione giusta. Quindi quando ascolterete per la prima volta una loro canzone e vi piacerà ( perché di sicuro vi piacerà ), non fatevi venire in testa parole come “rivelazione” o “fenomeno”, perché sono termini che perlopiù riguardano alcuni fortunati dalla carriera fulminea. I Lunik sono un’altra storia. La storia di un gruppo che nasce a Berna nel 1997 ( con un formazione diversa dall’attuale, fatta eccezione per il chitarrista e autore Luk Zimmermann ) e che presto, appena un anno dopo, vede arrivare l’elemento catalizzatore, la voce e la bellezza di “Jaël” Krebs, che da subito assume il ruolo di affascinante front woman. Chitarrista formatasi in una famiglia in cui ha sempre respirato musica, Jael porta nel gruppo l’entusiasmo dei suoi primi amori per molti tipi di musica partendo dal reggae, passando per il rock, dalla canzone d’autore al funk, tutti generi che, filtrati dagli altri musicisti Cedric Monnier ( tastiere ) e Chrigel Bosshard (batteria) – questo il line up definitivo - porta alla formula trip-hop dell’album di esordio “Rumours” del 1999. Nulla di più lontano di quanto ascoltiamo dai Lunik di oggi, ma tant’è : la band non ha mai considerato un tabù mettersi continuamente in discussione anche attraverso drastici cambiamenti di genere come il rock e l’elettro pop dei successivi “Ahead” (2001), “Weather” (2003), e “Preparing to leave” (2006). Evoluzioni che a noi non interessano più di tanto, se non per il fatto che grazie a questi lavori i Lunik diventano famosi in patria e che senza queste tappe intermedie non avremmo avuto tra le mani quei piccoli gioielli come i brani contenuti in “Lonely Letters” il loro album del 2009 ( che includeva 2 top ten Europee: Everybody knows e Do you love me) e soprattutto il nuovo “Small Lights in the Dark” (su etichetta FODrecords/Universal). Due album che hanno esportato il nome della band in Germania, Svezia, Norvegia, Inghilterra, Spagna e Italia. “Small Lights in the Dark”, ci ricorda la lezione sempre più rara di come la semplicità, quando è supportata dal talento, amplifichi la grandezza di una canzone. Questi i brani, che vale la pena conoscere, da “Everything Means Nothing” a “Born to be Sad”, “People hurt people”, “Diary”, “I Never Said That I Was Perfect” per chiudere con la splendida “Set you free” ( praticamente l’album intero !). Tutti i brani poggiano su strutture melodiche solide e mai scontate che la bella voce nordica di Jael rende particolarmente calde e corpose. Il suono del gruppo è un “assoluto naturale” che si sviluppa con tutta l’onestà che gli strumenti acustici, molto poco imparentati con l’elettronica, sono capaci di esprimere. Come dice Luk Zimmermann, “il nostro è un pop malinconico che rende felici”.
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