Lo chiamavano Jeeg Robot (OST)
Ho realizzato Lo chiamavano Jeeg Robot con l'intento di dar vita a un film fatto di diversi generi armonizzati tra loro.
Durante il montaggio mi sentivo come un funambolo senza la rete di protezione. Con l'arrivo progressivo delle musiche tutto mi appariva più definito e cominciavo a sentirmi sicuro. Per me la colonna sonora di un film è una costante.
C'è persino quando non avvertiamo gli strumenti emettere suono. Il silenzio infatti non è altro che una pausa musicale.
Il direttore d’orchestra continua a battere il tempo e l’organico fa il suo ingresso solo quando l’immagine ne ha davvero bisogno.
Gabriele Mainetti
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L’idea musicale è stata quella di seguire il percorso emotivo del protagonista. Lo spettatore lo pedina lentamente fino a ritrovarsi in un mondo straordinario: quello dei superpoteri. Volevamo affidare l'approccio minimale principalmente a un impianto elettronico addolcito da uno strumento percussivo. Abbiamo scelto il pianoforte.Il tema principale del film risulta accennato nei titoli di testa e si definisce con maggiore chiarezza mano a mano che Enzo Ceccotti prende coscienza della propria realtà identitaria. Nello snodarsi dell’intreccio, che vede il protagonista sempre più vicino all’idea dell’eroe, l’organico si amplia fino a un arricchimento sinfonico del terzo atto che poi esplode nell’epilogo.
Michele Braga
Gabriele Mainetti
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Una sera torno tardi a casa dal set, mi faccio una doccia, mi metto seduto sul tavolo del salotto e dico: “come sono gli accordi della canzone di Jeeg Robot? Provo a farla con la chitarra acustica, quasi quasi”.
Quindi imparo gli accordi, imbraccio la chitarra, prendo il telefono, metto “REC”, e registro questa canzone arpeggiata di Jeeg, una prima prova, così, fatta di primo acchito, e la mando a Gabriele Mainetti.
Gabriele mi scrive: “Bellissima! Dobbiamo registrarla per i titoli di coda” e io rispondo: “Ma che davvero?”, dice “Si, si, è fighissima!”.
E da lì abbiamo iniziato ad arrangiarla insieme a Michele Braga ed a Gabriele, abbiamo fatto diversi tentativi, diversi ritmi, suoni etc... L’abbiamo registrata molte volte, ed alla fine è uscito questo pezzo che, insomma, è venuto molto, molto bene.
Ho cercato di interpretarla in un modo che fosse in sintonia con Enzo, il protagonista del film, con la sua solitudine, con la sua sofferenza, che fosse graffiante come la sua anima lacerata (o come la sua periferia), e che avesse dentro anche un sentimento di rivalsa, la forza dei suoi pugni di rabbia e di dolore.
Claudio Santamaria
Ala Bianca