Spesso i figli percorrono nella loro vita sentieri distanti da quelli battuti dai loro genitori.
MARIO GRANDE figlio di un poeta, forse per pudore, aveva deciso di camminare strade diverse e di custodire segretamente le sue composizioni. In realtà non aveva mai considerato l’idea di fare il musicista a tempo pieno; quello che ha sempre fatto però, nei momenti felici o tristi della sua vita, è stato scrivere canzoni. Canzoni per un amore, canzoni per una passione, canzoni per una storia da ricordare, o come gli succede negli ultimi anni, per l’illusione di curare qualcosa che tenere chiuso dentro farebbe ancora più male. Ma mentre fra tanti mestieri percorreva le sue strade lontane, il seme segreto continuava a germinare e produceva inesorabilmente qualcosa, così era inevitabile ogni tanto tornare sulla via maestra per posare qua e là qualche frutto: colonne sonore, collaborazioni musicali e la radio (da sempre un’altra grande passione).
Le sue canzoni nascono in penombra, la sera, sui tasti del pianoforte. Spesso sono storie e melodie che, come amici inaspettati, arrivano da lontano bussando piano alla porta.
Il senso del brano “Al centro del Nord”, è proprio nelle sue apparenti contraddizioni, negli opposti che volutamente accosta.
Ciò che vediamo è l’angolo notturno di una metropoli. Dal grande monitor su un palazzo che domina una strada trafficata, il protagonista canta la sua canzone. “Io vivo fuori da qui, da questo tempo che so così diverso da me”.
Ballak